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La Storia

Ultima modifica 31 ottobre 2022

VISCO, IL CONFINE, LA CASERMA

Anche se non mancano segni risalenti all’età del bronzo, un deposito di ceramica scoperto in piazza S. Maria Maggiore, l’origine del paese è romana. Nei tempi antichi si chiamava “Babuleia”, da Pabulum, pascolo, toponimo forse derivante da un antico borgo di pastori. Devastate e spopolate nel corso delle invasioni barbariche conseguenti alla caduta dell’Impero romano d’occidente, sotto il dominio dei Patriarchi d’Aquileia le campagne friulane vengono ripopolate da coloni slavi, da cui proviene il toponimo višek (sommità, altura), da cui vien fatto derivare il nome del paese.
Il più antico documento in cui si fa cenno all’abitato di Visco, in relazione al Vicarius Olivierus, risale al 1154. Sotto il Patriarcato di Aquileia fino al 1420, Visco diventa dapprima possedimento veneziano, poi sotto i Conti di Gorizia fino al 1500, quando l’intero Friuli Orientale passa alla Casa d’Austria. La guerra tra Venezia e l’Austria (1615-1617) segna profondamente questo territorio di confine dall’economia agricola, sconvolgendo le campagne e impoverendo i contadini.
Nel Settecento, sotto l’Arcidiocesi di Gorizia, la Parrocchia di Visco acquista importanza come sede di vicariato foraneo, si installa in paese una stazione di posta e una dogana vigilata da guardie per scoraggiare il contrabbando.
Le guerre napoleoniche portano in paese una dura occupazione militare francese fino al 1814, quando per effetto della caduta di Napoleone e la pace di Parigi Visco ritorna all’Austria assieme al Regno Illirico e al Lombardo-Veneto.
Nel corso dei sommovimenti rivoluzionari del 1848, durante la repressione austriaca della rivolta filo-italiana di Palmanova, vengono bruciate, probabilmente per ritorsione, quasi tutte le case del paese.
Nel corso della Terza guerra d’Indipendenza, che determina il tracciato del confine del 1866 tra il Friuli austriaco e il Regno d’Italia, Visco è teatro di uno scontro tra ussari e lancieri.
A ridosso del confine con il Regno d’Italia, tra Otto e Novecento la popolazione di Visco, intorno ai 900 abitanti, progredisce economicamente grazie alla migliore resa delle campagne, sostenute dall’attività delle Casse rurali e delle cooperative sociali.
Lo scoppio del Primo conflitto mondiale (28 luglio 1914) determina la partenza della gran parte degli uomini del paese per il fronte nell’esercito austro-ungarico. Alla successiva entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria (23 maggio 1915), Visco viene immediatamente invaso dalle armate italiane, che insediano in paese comandi, accampamenti, cimiteri e ospedali militari, trasformando il paese, come tutto il Friuli austriaco, in una immensa retrovia del fronte dell’Isonzo. Dopo Caporetto (24 ottobre 1917) ritorna l’Austria fino alla fine del conflitto, e le baracche del grande ospedale militare ospitano centinaia di profughi veneti, al punto che attualmente tutta l’area prende il nome di Borgo Piave. Allo sgretolamento dell’Impero asburgico subentra il Regno d’Italia e cessa per Visco la particolare funzione di paese di confine. L’edificio della dogana diventa di pertinenza militare, che nei vicini spazi di Borgo Piave erige una caserma, un magazzino di artiglieria e una fabbrica di proiettili e filo spinato.
Nel corso del Secondo conflitto mondiale, nel 1943 l’area di Borgo Piave viene sgombrata dai reparti militari e al loro posto viene insediato un campo di internamento per alcune migliaia di internati civili provenienti dalle regioni jugoslave occupate.
Dopo il burrascoso epilogo del conflitto, che vede il transito per Visco di reparti di diversi eserciti, nel 1947 avviene il ricongiungimento con la Repubblica italiana. La caserma di Borgo Piave, intitolata al sergente maggiore Luigi Sbaiz, medaglia d’oro alla Resistenza, viene occupata dal Gruppo squadroni del IV Genova Cavalleria e da reparti del 59° reggimento fanteria “Calabria”.
Nei decenni successivi i rapporti tra la popolazione e i militari rimarranno ottimi fino alla dismissione della caserma, avvenuta nel 1996. All’interno della ex caserma è stata eretta una stele a ricordo delle vittime del campo di internamento di Visco.

FRIULI, TERRA DI CONFINI

Terra di confine tra Venezia e Austria dal 1521 al 1805, il Friuli, sotto la dominazione francese dopo le guerre napoleoniche, viene annesso al Regno d’Italia (Trattato di Presburgo); con l’espansione delle conquiste francesi verso est, nel 1809 entra a far parte delle nuove Provincie Illiriche (Trattato di Schönburg).
Il 30 maggio 1814 la Pace di Parigi pone fine all’Impero francese e restituisce all’Austria le Provincie Illiriche, ora Regno Illirico (Illyren) assieme al Regno Lombardo Veneto, con un confine amministrativo a separare i due regni, segnalato, in seguito alla revisione confinaria del 1841, da termini in pietra dura di poco meno di due metri dal caratteristico “cappello” in pietra, recanti nella loro sezione quadrata le sigle dei due regni e da numerosi più contenuti cippi confinari in pietra. Dal 1849 la denominazione “Litorale” (Küstenland) sostituisce il disciolto Regno Illirico.
La Terza guerra d’Indipendenza contro l’Austria condotta nel 1866 dal giovane Regno d’Italia (dal 1861) in alleanza con la Prussia porta ad una importante rettifica dei confini. Nonostante le sconfitte sabaude patite a Custoza e a Lissa, le vittorie prussiane provocano la fine delle ostilità permettendo alle armi italiane di raggiungere Udine e attestarsi sul fiume Judrio. Il 3 ottobre 1866 la Pace di Vienna consegna la parte restante del Lombardo Veneto (la Lombardia era stata ceduta già nel 1859) e la parte del Friuli annesso al Veneto. Il confine amministrativo tra l’ex Regno Lombardo Veneto, la Carinzia e la Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, diventa così il nuovo confine politico italo-austriaco, segnalato da serie di cippi in pietra con le date delle diverse successive rettifiche confinarie: quella del 1867, del 1887, del 1904 e quella più importante e definitiva del 1911, caratterizzata da cippi in calcestruzzo armato a forma tronco-conica di altezza variabile da uno a due metri.
Il nuovo confine politico tra Italia e Austria incide pesantemente sull’economia delle terre di confine, abituate in precedenza ad uno proficuo scambio di merci e prodotti con il Veneto e la Lombardia, tuttavia ben presto le iniziative produttive e commerciali si adattano alla nuova situazione. Ne è un esempio l’industria dei seggiolai, cresciuta in territorio austriaco tra Mariano e Cormòns, che dopo il 1866 trasferisce le sue imprese familiari oltre confine, a Manzano, Corno di Rosazzo e San Giovanni di Manzano (poi al Natisone), dando il via allo sviluppo internazionale del cosiddetto “Triangolo della Sedia”. Anche l’economia di Visco sviluppa nel corso dell’Ottocento nuove attività, anche se il nuovo regime daziario impone maggiori controlli che impongono l’edificazione di stazioni doganali lungo tutto il confine: nei dintorni, oltre alla dogana e caserma di finanza di Visco (1874), a Strassoldo, Trivignano, Nogaredo e Chiopris. Tuttavia i frequenti controlli non fermano un tipo di contrabbando spicciolo (sale, tabacco, ma anche preziosi, giornali politici, ecc.) che nella zona della dogana di Visco ha come riferimento la vicina osteria, esistente dal 1881.
Il confine italo-austriaco del 1866 rimane in essere fino allo scoppio del conflitto italo-austriaco, dichiarato dall’Italia il 23 maggio 1915 all’interno del Primo conflitto mondiale, che si conclude nel 1918 con la vittoria degli Alleati e la dissoluzione dell’Impero asburgico. I territori del Friuli austriaco, già occupati dall’esercito italiano all’inizio del conflitto fino alla ritirata di Caporetto (dal 24 ottobre 1917), ritornano così al Regno d’Italia, che con i trattati di Saint Germain (con la Repubblica d’Austria, 1919) e di Rapallo (con il Regno Serbo-Croato-Sloveno, 1920) ottiene l’Alto Adige fino al Brennero e la Venezia Giulia con la provincia di Gorizia e Trieste con l’Istria (e Fiume dal 1924)  e alcuni territori della Carinzia e della Carniola. Dopo la Seconda guerra mondiale, che si conclude con l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943 e la successiva occupazione tedesca dell’Italia settentrionale con l’instaurazione della Repubblica di Salò e l’annessione alla Germania dei territori ex austriaci dell’Adriatische Küstenland, la linea di confine acquista la conformazione attuale con il Trattato di pace di Parigi (1947) completato dagli epiloghi del Memorandum di Londra (1954) e del Trattato di Osimo (1975).


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